VIII Congresso dell'Associazione Mondiale di Psicoanalisi AMP
L'ORDINE SIMBOLICO NEL XXI° SECOLO
NON E' PIU' QUEL CHE ERA. QUALI CONSEGUENZE PER LA CURA?
Associazione Mondiale di Psicoanalisi

Dal 23 al 27 Aprile 2012
Hotel Hilton

Macacha Güemes 351, Puerto Madero
Ciudad de Buenos Aires, Argentina
INIZIO COMITATO D'ORGANIZZAZIONE CONTATTO
ATTIVITÀ PREPARATORIE

Progetto d'organizzazione delle serate AMP
L'ordine simbolico nel XXI° secolo. Non è più quel che era. Quali conseguenze per la cura?
per Rose-Paule Vinciguerra

1. L'ordine simbolico, il suo declino.
Le serate preparatorie ci sembra non possano evitare una definizione di ciò che si intende per "ordine simbolico" come prende fondamento in Lacan. Lacan ha iniziato a riferire gli effetti psichici nel modo immaginario[1], e il desiderio al desiderio di riconoscimento. Si tratterebbe allora per quest’ultimo di essere compatibile con l’ordine del mondo.

La presa del simbolico sull’essere umano e l’ordine simbolico, propriamente detto, come strutturanti la realtà umana, sarebbero quindi abbastanza velocemente sviluppati da Lacan, fuori ogni accezione che trascende dal simbolo. Precisamente ne "Il Seminario su La lettera rubata", questo ordine è legato ad una legge, la legge del linguaggio, e la struttura complessiva del significante si dispiega nella storia. L’inconscio è strutturato come un linguaggio ed è anche il discorso dell’Altro dove l’emittente riceve dal ricevente il proprio messaggio in forma invertita.

Questo simbolico, Lacan l’ha precisamente articolato a partire da Saussure, da Jacobson e da Lévi – Strass, distinguendosi dai loro concetti. La metafora paterna è stata allora la chiave di volta di quest’ordine che coincideva con "la soggettività dell’epoca" organizzata attorno all’istanza di un significante – padrone.

Il simbolico e il suo ordine si sono allora dimostrati dominanti al punto che la pulsione stessa – anche se non se ne può dire tutto – è stata scritta in termini significanti e il desiderio posto in termini di significato. Quanto all’immaginario da cui "procedono le confusioni nel simbolico"[2], non c’è che il simbolico che può esserne il movente, e riscriverlo.

In questa prospettiva, il simbolico è condizione di esistenza nella realtà[3] e il reale è escluso da quest’ultimo come dall’analisi. In quest’epoca[4] effettivamente, ciò che tiene, è la struttura di linguaggio. C’è quindi dell’impossibile a dire, e il desiderio generato attraverso il simbolico va alla fine ad essere incompatibile con la parola[5]. Il simbolico è incompleto, è bucato in quanto il soggetto è impossibile da reperire "là dove esso era".

Se nel corso dell’insegnamento di Lacan, il reale va a poco a poco a situarsi fuori da ciò che è simbolizzato, il simbolico come l’immaginario saranno pensati come difesa contro il reale del godimento[6].

Quindi, seguendo un altro movimento in cui gli stessi termini sono ripresi ma con degli usi differenti, Lacan elabora l’inclusione del godimento nella pulsione e l’articolazione del significante e del godimento. E’ proprio l’oggetto a che condensa un elemento dell’ordine simbolico e un elemento di godimento (nel Seminario XI in particolare). Lacan arriverà a concepire una relazione primitiva del significante e del godimento (Seminario XVII). Il significante stesso diventa apparato di godimento. Quindi svanisce l’autonomia dell’ordine simbolico.

Alla fine del suo insegnamento, a partire da un approccio generalizzato alla psicosi, Lacan farà del reale ciò che non obbedisce ad alcuna legge ed esclude il simbolico sul quale esso ha la supremazia. "L’orientamento del reale […] forclude il senso"[7]. A questo proposito, l’oggetto a stesso diventa insufficiente per catturare ciò di cui si tratta nel reale[8]. Come caratterizzare quindi il simbolico? Quest’ultimo sarà allora incarnato nella materia stessa de lalangue, che non è senza il corpo. La parola è allora quella dell’Uno da solo che "parla per sé" con la pulsione[9]. Ormai, l’inconscio non è più il discorso dell’Altro, poiché ognuno parla solo la propria lingua. L’inconscio è dunque un’ipotesi che si costruisce a partire dal buco nel reale. Così, l’armonia del soggetto con il simbolico si è cancellata e sono piuttosto gli imbrogli nei quali questo racchiude il soggetto che si manifestano nell’analisi. L’ordine simbolico non era dunque che una certa disposizione dei sembianti.

Nella cura, si tratta ancora di "far recitare ai soggetti la loro lezione nella loro grammatica"[10], si tratta allo stesso modo di trovarsi avvertito di ciò che si ripete e non parla.

2. Effetti nelle società di questo spostamento dell'ordine simbolico.
Fino a qui, il simbolico comportava che ognuno avesse un posto compatibile con gli altri nella società per il fatto stesso di superare i conflitti dello stadio dello specchio. Il legame sociale assicurava quindi il dominio di un significante padrone che ordinava il discorso. Oggi, il capitalismo ha sconfitto le identificazioni all’Ideale. Dopo che il nuovo significante - padrone era diventato il luogo comune che Lacan stigmatizzava già negli anni sessanta, questo significante padrone si è trovato sciolto con la globalizzazione che non è che "falsa figura di un falso universale"[11].

Di fatto, l’estensione della democrazia erode la nozione ultima di significante - padrone. Ogni soggetto diventa libero di inventarlo e l’esistenza dell’Uno tutto solo fonda l’individualismo contemporaneo. Mondializzazione ed inesistenza dell’Altro vanno insieme[12] quando l’Altro, il Nome - del - Padre come il fallo non assicurano più la congiunzione tra le istanze del simbolico, dell’immaginario e del reale.

Ciò che si ordinava secondo le leggi della parola se ne trova degradato. L’effetto Wikileaks attesta la messa in questione radicale dell’Altro della buona fede.

Pertanto, le ideologie tentano di ricostruire l’Uno attraverso l’ideologia dell’Uno dell’uguaglianza o di costituire l’Altro della molteplicità[13] opponendosi ad ogni dominazione imperialista, ma ciò che esse misconoscono, è che non esiste legame sociale che determinato dal rapporto al godimento stesso.

Com’è allora che quest’infiltrazione in tutti i luoghi del godimento è mascherata nei discorsi? Si vede fiorire la rivendicazione della felicità per ciascuno secondo il proprio desiderio – mentre sono gli imperativi standardizzati del momento che si impongono, all’insaputa dei soggetti - o ancora l’invocazione di una "natura universale e animale presente in ogni corpo" - arrivando fino all’ingiunzione "Ancora uno sforzo per diventare animale!", secondo la suggestiva formula di Eric Laurent[14]… Ma, ciò che non si dice, è che il rapporto al godimento è diventato un rapporto di dipendenza. Non è più l’ingenuo "godere senza barriere" del maggio 1968, è "godere ancor meglio o più velocemente". La frenesia del consumo e delle imprese ha invaso tutti i campi dell’esistenza. Con la segreta speranza di cancellare così la particolarità del sintomo.

Le conseguenze nella politica di questa inflazione del significante padrone sono, come notava Eric Laurent, il rifugio nella reazione fondamentalista con i suoi correlati mortiferi nelle società in cui ha regnato "il culto del Nome unico" divino, o meglio la nascita di un mondo che ha la forma logica del non – tutto nelle società in cui questo Assoluto del Nome è abolito. In quest’ultima forma, la "molteplicità inconsistente (Cantor) e il non – tutto (Lacan)"[15] del godimento femminile hanno rimpiazzato l’ordine simbolico regolato attraverso il Nome – del – Padre che è diventato un sintomo. Oggi d’altronde si assiste a delle rivoluzioni portatrici di speranza, ma nelle quali non si sa se è l’Assoluto del nome divino che trionferà o la forma più diffusa della civiltà intotalizzabile. Le società contemporanee sono tirate da una parte e dall’altra tra queste due forme, anche se la psicoanalisi non si esercita che nella seconda.

Ma, peggio ancora che la religione di cui Lacan diceva che sarebbe andata progredendo, ciò che Lacan rigettava sembra ben mettersi in atto: la scienza si sostituisce alla religione, "molto più dispotica, ottusa ed oscurantista" che quest’ultima[16]. La scienza rigetta il Nome - del - Padre e vorrebbe che "il reale, questa cosa mostruosa che non esiste, finisca per prevaricarla". Se la scienza è sembrata poter trattare il reale attraverso il simbolico e respingere sempre più lontano i limiti del reale, in realtà produce con le sue formule un nuovo reale che esclude ogni senso e invade tutto lo spazio. Oggi non è più la questione dell’esistenza di Dio che interessa; ciò che prevale nella prospettiva scientista, è l’esistenza della natura supposta darci l’orizzonre di una neo umanità.

3. Quali possono essere gli effetti di questa dissoluzione nell'ordine dei godimenti individuali?
Se l’ordine simbolico gerarchico e il significante - padrone costituivano una difesa contro ciò

che di problematico ha il rapporto sessuale, oggi, come ha formulato Jacques – Alain Miller, "il

soggetto si confronta più direttamente a ciò che ha di problematico il rapporto sessuale". C’è in effetti da affrontare ciò che il godimento ha di non negativizzato. Non si può più imbrigliarlo attraverso il fallo come terzo termine tra i sessi e come potere di significazione.

Ciò che prevale allora, è l’autismo del godimento. I soggetti si trovano tra angoscia e noia e, a questo riguardo, "il rapporto tra i sessi diventa sempre più impossibile"[17]. L’Uno tutto solo, comandato da un più di godere ansiogeno, "sarà lo standard post umano".

Con l’ascesa fino allo zenith dell’oggetto a, così eretto ad oggetto tiranno, regna il frammento pulsionale. Oggetto orale con le dipendenze in cui l’Uno del godimento si reitera senza fine. Oggetto anale con la moltiplicazione degli scarti (civiltà della fogna) da una parte e la tesaurizzazione dall’altra (A ben vedere, il cammino dell’arte stessa è diventato macchina da speculazione finanziaria e redditività a breve termine. Porta alle vette un’arte che si situa a livello del post - prandiale, delle latrine e dell’osceno. Supposto farci godere, sembra davvero intrattenere che ciò che Proust chiamava lo snobismo della canaglia). Ancora, oggetto scopico degli schermi demoltiplicati in cui i soggetti, sorvegliati nelle loro minime scelte, sono manipolabili a volontà. Infine, oggetto voce, sotto la forma di oggetti di comunicazione "che mascherano ciò che c’è di più reale nella voce"[18], il comandamento. Quest’invasione dell’oggetto a non è tuttavia da interpretare come edonismo, poiché l’incidenza della pulsione di morte vi è sempre all’opera.

Questo crescendo di un "più – di- godere a – sessuato"[19] non rende che più evidente l’inesistenza di un rapporto sessuale mentre nel discorso del padrone, quest’inesistenza era una verità rifiutata dal significante - padrone.

Ma anche aldilà dell’oggetto a che resta un "enforme du A"[20], è soprattutto il non localizzabile del godimento femminile, che eccede ogni ordine fallico, ciò che porta a riconsiderare l’impasse del rapporto sessuale nell’ordine dei godimenti.

Si vede allora sorgere la rottura delle forme istituite di unione tra i partners, la creazione di nuovi significanti padroni nei gay che rigettano ogni identità, così come la loro domanda di accedere all’istituzione del matrimonio, le segregazioni multiple, le nuove fecondazioni, i rimaneggiamenti dei corpi che mirano ad una futura libertà liberata dalle contingenze anatomiche. Appare allora la credenza in una nuova sessualità che non è che una "messa in questione delle assegnazioni identitarie del godimento"[21]. L’idea soggiacente a queste messe in questione è che l’ordine simbolico antico è causa di ogni repressione di godimento. E le comunità di identificazione funzionano "come fondamento immaginario di una neogaranzia simbolica"[22].

4. Quali conseguenze sui sintomi e il loro "trattamento"?
Il sintomo resta, come l’aveva reperito Marx prima di Freud, "segno di ciò che non va nel reale"[23]. L’inconsistenza dell’Altro, i significanti - padroni che si sono spostati o sconfitti oggi hanno dunque generato dei nuovi sintomi.

A partire dal declino del padre, non ci si interessa più al parricidio, ma al bambino maltrattato, come ha enunciato Eric Laurent. A partire dalla società del consumo, c’è un interesse crescente per l’anoressia e per la bulimia. E, "serve la crisi nella questione del reale affinché la depressione […] abbia questo dominio"[24]. L’avanzata delle tecniche di fecondazione scatena le angosce attorno alle questioni della filiazione, dell’adozione, della genitorialità. La civiltà contemporanea produce delle riconfigurazioni formali dei sintomi. Questi non vengono più classificati secondo delle entità cliniche, ma si ripartiscono secondo delle norme inedite che promuovono i nuovi fari del godimento in seno a questa civiltà. Certi sintomi nascono, altri spariscono, a volte secondo le necessità economiche dei laboratori o di coloro che si occupano di rieducazione comportamentale (ne testimoniano i manifesti intonacati in città per banalizzare l’autismo).

Prima dei sintomi standardizzati, la clinica lacaniana ci permette di non cedere nulla che riguardi la particolarità di ogni caso, e quella dell’ultimo Lacan di affinare i nostri interessi diagnostici, tanto per le psicosi "ordinarie" che per gli "inclassificabili" della clinica.

In quest’ottica, è soprattutto nella dialettica del senso e del reale che i nuovi sintomi non riescono più ad inserirsi. Per Freud effettivamente, il sintomo implicava che ci fosse "del senso nel reale"[25]. Il sapere offerto nell’associazione libera bastava per trattare il sintomo che come tale faceva ostacolo al discorso imperativo[26].

Ma oggi, c’è "scissione del reale e del senso"[27]; c’è scissione dell’essere del sintomo. Non si ha più l’idea che serva parlare per raggiungerlo. E il discorso della scienza che ha prodotto un nuovo reale supposto padroneggiare ogni simbolico non fa che rinforzare ciò.

Lacan stesso non rigetta il sapere nel reale, ma quest’ultimo resta senza legge e non fa accordo tra i sessi. I sintomi, anche se sono articolati in significanti, sono dei sintomi di non - rapporto sessuale. Il reale che essi interrogano eccede ogni sembiante. Nessun ordine è là preesistente per caratterizzare in cosa i sintomi vi significano. Allora si chiede alla psicoanalisi di "sbarazzarci e del reale e del sintomo"[28].

Di fronte a questa deflazione dell’ordine simbolico antico, si assiste ad un affollamento

terapeutico: sia si trattano i sintomi attraverso la biochimica, sia si privilegia il senso a flotte, ma è un ascolto di puro sembiante che vi risponde quando questo non è una parola autoritaria. Il senso è decisamente livellato e il sintomo smentito, o meglio deborda dappertutto. La clinica lacaniana non imbavaglia né fa proliferare il senso del sintomo. E ciò le permette di sfidare le identificazioni alienanti. Al di là del Nome - del - Padre con il quale essa continua ad operare, prende in conto nei sintomi il reale, "parassita del godimento".

5. Dunque come può oggi esercitarsi la pratica lacaniana?
Nel 1968, Lacan affermava già: la psicoanalisi "è sintomo del punto del tempo in cui siamo giunti in ciò che chiamerei con questa parola provvisoria, la civiltà"[29]. Ma, come ha formulato Jacques – Alain Miller in "Una fantasia", se oggi noi siamo senza bussola, siamo per questo "senza discorso"? Se il nostro mondo non può essere messo in ordine da degli universali, allora dire "l’inconscio è eterno" ritorna a cercare di fortificare un rifugio puramente immaginario. Che dire anche dell’esaltazione del simbolico veicolato dalla tradizione, vale a dire della rivendicazione di "convergenze tra la Bibbia e la Traumdeutung"[30], della trasformazione "in standard della metafora paterna"[31]? Non è costruire su un concetto obsoleto del simbolico? L’analista non deve in effetti avere nostalgia del Nome – del – Padre. Se la sua posizione è impossibile, egli non può essere contrario al cambiamento nella civiltà. L’inconsistenza dell’Altro – quella della civiltà e quella che ha imparato dalla sua analisi - è piuttosto ciò che egli deve sopportare.

Per questo, l’analista si fa ingannare dal progresso? E da quale progresso? Progresso della moltiplicazione degli oggetti "lathouse"[32], delle soddisfazioni sempre più disponibili, con la loro processione di domande sempre nuove? Ignorando che così la mancanza – a – godere si espande alla superficie del globo, lo psicoanalista non sarebbe allora che un "collaboratore" del sistema how to?. Può ancora essere ingannato dal progresso del discorso scientifico e delle sue conseguenze sulla psyché? Coloro che cedono a questo inganno non fanno che mettere la psicoanalisi al passo con le false scienze credendo di metterla al passo del reale della scienza. Come sottolinea Leonardo Gorostiza, è con questa "traduzione neurocognitiva della psicoanalisi" che si deve giocare la nostra partita[33]. Come potrà il sintomo analitico rispondere al sintomo della scienza?

L’analista non è quindi per l’uguaglianza. Di fronte all’esigenza contemporanea di trasparenza egalitaria tra analizzante ed analista[34], l’analista lacaniano, invece, instaura una gerarchia. L’inconscio dell’analizzante e l’analista sono dallo stesso lato, ma, attraverso il suo silenzio, con l’economia della sua parola, con la precisione della sua interpretazione, l’analista permette quindi che si instauri il soggetto supposto sapere. In questo modo, l’atto analitico, non supporta il sembiante. Ma, contro l’autoritarismo del DSM[35], egli lascia al soggetto la sua libertà di associare e gli riconosce la sua responsabilità. L’analista non tratta né con il sapere né con l’S1 né con gli oggetti sostitutivi. Egli permette semplicemente che, attraverso la divisione soggettiva, il soggetto abbia un accesso un po’ più flessibile al proprio inconscio.

Quindi, se il soggetto supposto sapere è il perno del transfert, che cosa diventano questo soggetto supposto sapere e l’ordine simbolico che egli implica mentre, nella cura, egli impallidisce alla luce del reale del godimento in gioco?

Se in effetti il rapporto dei soggetti al godimento ne fa oramai degli Uno divisi, come far esistere l’inconscio come sapere, come fa ad esistere il rapporto simbolico tra S1 e S2? "Chi non è innamorato del suo inconscio sbaglia", diceva Lacan in "Les non – dupes errent"[36] . Serve allora, con Lacan, rovesciare la prospettiva ed individuare, come ha fatto lui alla fine del suo insegnamento che, "è il transfert che è il perno del soggetto supposto sapere"[37]. Poiché è esso che permette all’Uno tutto solo di entrare in relazione con l’Altro del sapere inconscio. In questo modo, la presenza del desiderio dello psicoanalista può suscitare quest’amore che i soggetti non hanno spontaneamente per il sapere inconscio.

Non si dovrebbe credere per questo che l’azione dello psicoanalista si svolga entro l’orizzonte di realizzazione di una pienezza. Poiché anche gli psicoanalisti sono vittime della psicoanalisi. Le conseguenze della psicoanalisi si rivoltano anche sul suo esercizio. I sembianti dell’Edipo e della castrazione hanno patito e l’impossibile è ormai diventato condizione di ciò. L’analista è così al posto del "ciò fallisce" che è la manifestazione del rapporto a quest’impossibile. La contingenza del successo in psicoanalisi non invalida la legge del fallimento. Piuttosto ne è la dimostrazione.

Se la pratica lacaniana ha subito una "deformazione, una trasformazione in senso topologico"[38], come aveva sottolineato Jacques - Alain Miller, è questa trasformazione stessa che gli permette di superarne le conseguenze.

Quali sono allora, in questo contesto particolare, i compiti dell'analista?
Credere e far credere al sintomo
L’analista non tiene conto che di un sintomo particolare. Egli crede a questa particolarità, all’incontro traumatico che essa veicola. Ma deve anche far credere al soggetto che il suo sintomo è "modo di godere dell’inconscio in quanto l’inconscio lo determina"[39]; fargli credere nel suo sintomo come evento di corpo, al contrario di tutti i trattamenti del sintomo attraverso la dimensione dell’immaginario del corpo. Può anche "rendere il sintomo nella sua doppia contingenza […], inscritto in un Altro già là e in un corpo in cui produce un evento"[40].

Facendosi così il complemento del sintomo, l’analista può opporre l’identificazione ad un sintomo comune e rimettere in attività l’agalma che si era fissata. Ma se il sintomo si può alleggerire, vale a dire dimenticarsi, come deve prendersi l’analista perché negli ultimi tempi di un’analisi, la parte irriducibile, permanente del sinthome sia riconosciuta dall’analizzante senza per questo essere rovesciata nel registro della reazione terapeutica negativa? In questo modo, come può disarticolare la promessa di felicità che l’analizzante aveva posto in lui e fargli riconoscere la sua identità sintomatica?

Disturbare la difesa
L’analista non si fa affascinare dalla liberazione dei costumi "perché ne scorge il rovescio, il nuovo impero del godimento"[41] che non è altro che l’imperativo del godimento del superio.

Immediatamente, l’analista è al posto dell’oggetto a, al posto di "ciò che eccede la rappresentazione"[42], ma ha a che fare anche con l’inconsistenza dell’Altro. E’ quindi a partire dal vuoto dell’ordine simbolico che egli può scardinare la difesa. Scardinare e non significare la difesa. Ma per questo, bisogna che si sia reperito (che si trovi avvertito su) il punto di non simbolizzabile del proprio godimento per tenersene a distanza e che questo posto sia desertizzato affinché ci sia la possibilità di che avvenga un atto analitico.

Rendere fittizio il Nome – del- Padre e porre la questione della nominazione.
Il desiderio dello psicoanalista è certo di ottenere la differenza assoluta, come lo ha formulato Lacan nel Seminario XI, ma ciò che apporta più avanti nel suo insegnamento, è che lo psicoanalista deve "saperci fare" con l’incidenza immaginaria e simbolica del godimento tanto quanto con la sua incidenza reale. Affinché la particolarità del modo di godimento del soggetto appaia, bisogna che l’analista abbia supportato la prova fatta da quest’ultimo del necessario della struttura e dell’impossibile del rapporto sessuale.

Ciò che sposta allora la questione del padre, è il fallo come punto di godimento incancellabile. Così Lacan ha potuto dire che "il Nome – del - Padre è […]qualcosa di leggero"[43]. In quest’ottica, il Nome – del – Padre si avvera alla fine essere che un nome di modo di godere. L’analista permette quindi che il soggetto si ponga la questione della nominazione: quella del sintomo, del fantasma e quella del sinthome, che si produce riprendendo (a contropelo) il punto di fissazione del godimento e si oppone ad ogni "nommé a" materno. E’ a questa condizione che egli può contrastare l’angoscia e la noia generate dalla civiltà contemporanea. Così si può dire che "il rovescio analitico della civiltà contemporanea è l’insieme inconsistente delle interpretazioni date a questi sintomi"[44]. La psicoanalisi, diceva Lacan nel 1975, è un sintomo apparso tardi, poiché era necessario che "qualcosa si conservi (senza dubbio perché è in pericolo) di un certo rapporto alla sostanza, la sostanza dell’essere umano"[45]. Ma aggiungeva, è un sintomo che non si può ridurre.

 


Traduzione: Cristiana Grigoletto

NOTE

  1. Lacan J., « Proposta sulla causalità psichica », Scritti, Paris, Seuil, 1966, p. 178. Ripreso da Jacques-Alain Miller nel suo corso del 2011 e per l’esattezza a partire dal corso del 26 gennaio 2011.
  2. Lacan J., Scritti, op. cit., p. 717.
  3. Miller J.-A., « L’orientation lacanienne. Le tout dernier Lacan », corso del 15 novembre 2006, inedito.
  4. Tra il Seminario I, 1954-1955, Les écrits techniques de Freud e il Seminario VI, 1958-1959, Le désir et son interprétation .
  5. Lacan J., Écrits, op. cit., p. 641.
  6. Questo è segnalato specialmente in L’éthique de la psychanalyse ; cf. Jacques-Alain Miller, « Les paradigmes de la jouissance », La Cause freudienne, no 43, p. 12-14.
  7. Lacan J., Le Séminaire, livre XXIII, Le sinthome, op. cit., p. 121.
  8. Miller J.-A., « L’orientation lacanienne », corso del 6 dicembre 2006, inedito.
  9. Miller J.-A., « L’orientation lacanienne », corso del 13 dicembre 2006, inedito.
  10. Lacan J., « L’étourdit », Autres écrits, Paris, Seuil, 2001, p. 492.
  11. Laurent É., « Les enjeux du congrès de 2008 », testo pubblicato nel sito del VIe congresso dell’amp, Les objets a dans l’expérience analytique in giugno 2007.
  12. Miller J.-A., « L’orientation lacanienne », corso del 12 marzo 2008, inedito.
  13. Laurent É., « Les enjeux du congrès de 2008 », Lettre Mensuelle, no 261, p 21.
  14. Laurent É., « Les enjeux du congrès de 2008 », testo pubblicato nel sito del VIe congresso dell’amp, Les objets a dans l’expérience analytique in giugno 2007.
  15. Miller J.-A., Le neveu de Lacan, Paris, Verdier, 2003, p. 165.
  16. Lacan J., « Il ne peut pas y avoir de crise de la psychanalyse », ri-pubblicato in Le magazine littéraire, febbraio 2004, p. 28.
  17. Miller J.-A., « Une fantaisie », Mental, no 15, p. 19.
  18. Laurent É., « Les enjeux du congrès de 2008 », Lettre Mensuelle, no 261, p. 20.
  19. Miller J.-A., « Une fantaisie », op. cit., no 15, p. 17.
  20. Lacan J., Le Séminaire, livre XVI, D’un Autre à l’autre, 1968-1969, Paris, Seuil, 2006, p 311.
  21. Laurent É., « Pourquoi Lacan aujourd’hui ? », articolo pubblicato nel sito dell’ECF
  22. Laurent É., « Un nouvel amour pour le père », La Cause freudienne, no 64, p. 86.
  23. Lacan J., « Le Séminaire », livre XXII, « R.S.I. », lezione del 10 dicembre 1974, in Ornicar ?, no 2, p.
  24. Laurent É., « La société du symptôme », in Quarto, no 85, p. 22.
  25. Miller J.-A., « Une fantaisie », op. cit., p. 21.
  26. Ibid., p. 22.
  27. Ibid.
  28. Lacan J., « La troisième », Lettres de l’efp, n°16, Novembre 1976,p 186.
  29. Lacan J., Le Séminaire, livre XVI, D’un Autre à l’autre,1968-1969, Paris, Seuil,2006, p 31
  30. Miller J.-A., « Une fantaisie », op. cit., p. 16.
  31. Miller J.-A., allocuzione pronunciata nella conclusione del coloquio Peurs d’enfants del 19 marzo 2011, note manoscritte.
  32. Lacan J., Le Séminaire, livre XVII, L’envers de la psychanalyse, Paris, Seuil, 1991, p 188.
  33. Gorostiza Leonardo, Risonanze di "Una fantasia". Sito web dell’VIII Congresso dell’AMP.
  34. Come ha evidenziato Owen Renik, secondo lui « le sujet supposé savoir est supposé savoir comment mieux maximiser les embarras de son rapport à la jouissance » [Laurent É., « L’ordre symbolique au XXIe siècle », La Cause freudienne, n° 76, p. 148.]
  35. Cf. American Psychiatric Association, dsm-iv, Manuel diagnostique et statistique des troubles mentaux, 4e éd. (Version Internationale, Washington DC, 1995), trad. franç. J.‑D. Guelfi & al., Paris, Masson, 1996.
  36. Lacan J., « Le Séminaire », livre XXI, « Les non-dupes errent », lezione del 11 giugno 1974, inedito.
  37. Miller J.-A., « Une fantaisie », op. cit., p. 27.
  38. Ibid., p. 20
  39. Lacan J., « Le Séminaire », livre XXII, « Les non-dupes errent », lezione del 18 febbraio 1973.
  40. Laurent É., « La société du symptôme », op. cit., p. 22.
  41. Ibid., p. 21.
  42. Laurent É., « L’ordre symbolique au XXIe siècle », op. cit., p. 149.
  43. Lacan J., Le Séminaire, livre XXIII, Le sinthome, op. cit. p. 121.
  44. Laurent É., « La société du symptôme », op. cit., p. 22.
  45. Lacan J., allocuzione pronunciata nella Journée des cartels, 13 aprile 1975 in Lettres de l’EFP, n°18 , 1976, p 269.